Aiuto le imprese a migliorare i risultati da quasi trent’anni. Ho avuto la fortuna di collaborare con aziende di ogni settore e dimensione.
Quando una azienda cresce, ad un certo punto hai la necessità di inserire nuovo personale, una delle attività che considero, fra le più delicate.
Incontrando candidati di tutte le età ho potuto vedere l’evoluzione dei giovani che si approcciano per la prima volta o per le prime volte al mondo del lavoro.
Io ho compiuto da poco cinquant’anni e fra me e un ragazzo che ha appena terminato le scuole superiori o l’università ci sono fra i 25 e i 30 anni di differenza.
Siamo diversi ? Sì certo che lo siamo, sarebbe strano se non lo fossimo.
Abbiamo vissuto la nostra infanzia e la nostra adolescenza in due periodi storici completamente diversi. Io so benissimo che a vent’anni ero diverso da un ventenne di oggi, ma non ero migliore o peggiore, ero semplicemente diverso, perché il contesto storico, sociale, culturale e tecnologico era differente.
La maggior parte delle persone della mia generazione quando si tratta di assumere giovani non perde l’occasione di ricordare quanto loro fossero più svegli e capaci rispetto ai giovani d’oggi e continuano a fare confronti con il passato.
Chi entra in questo momento nel mondo del lavoro è figlio della propria generazione e che ci piaccia oppure no, questi ragazzi sono diversi da chi è stato giovane negli anni 60, 70 ed anche 80.
È una generazione cresciuta in un benessere maggiore ? Forse si, ma ha attraversato anche un periodo in cui le crisi economiche vanno e vengono, la globalizzazione ha accorciato le distanze, la tecnologia ha ribaltato in pochi anni tantissime certezze lavorative del passato.
Oggi un giovane che deve scegliere un percorso scolastico, corre il rischio, al termine del percorso, che il lavoro per cui ha studiato non esista più. Nel frattempo molti dei lavori che oggi sono più pagati, cinque anni fa non esistevano. Possiamo comprendere che ci sia un po’ di disorientamento ?
In mezzo a tutte queste turbolenze ci sono ancora persone che quando assumono un giovane ti ricordano che a 14 anni per comprarsi il motorino sono andati d’estate a raccogliere la frutta o a vendemmiare e che o giovani d’oggi non sono più disposti a fare sacrifici.
Ormai i colloqui di assunzione, quando c’è un neodiplomato o un neolaureato, sono diventati il festival dei luoghi comuni.
Quando valuti un ragazzo o una ragazza che si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro, devi smetterla di pensare a quanto era sveglia, capace e volenterosa la tua generazione.
I confronti con il passato non aiutano. Chi è nato già connesso a internet, con la possibilità di viaggiare a 19,9 euro con le compagnie low cost in tutta Europa, uno smartphone in tasca dotato di un processore con il quale probabilmente negli anni 80 ci controllavano il traffico aereo degli aeroporti di New York, con il quale puoi comprare qualunque cosa on line e accedere a qualunque informazione in tutto il mondo, è per forza diverso da chi oggi ha più di 40 anni.
So già che in molti penseranno che io voglia giustificare chi entra nel mondo del lavoro pretendendo privilegi o condizioni agevolate.
Niente di tutto questo. Sono il primo a sostenere che i fannulloni devono essere gestiti da fannulloni.
Ciò che sto cercando di dirti è di smetterla di confrontarli con la tua vita, con le tue esperienze, con i tuoi successi e con i tuoi fallimenti.
Lasciali essere figli della loro epoca e tira fuori il meglio da ciò che possono dare.
Usa la tua esperienza per guidarli, lascia che facciano i loro errori perché possano imparare e crescere.
Le aziende hanno bisogno dei giovani, delle loro idee, della loro spregiudicatezza, della loro differente visione del mondo.
Dobbiamo trovare un modo per farli entrare senza giudicarli altrimenti le aziende fra qualche anno diventeranno dei circoli ricreativi per anziani.